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foto di Rebecca Cairns

cit

"Ma forse in ogni zolla, a saperla leggere, c'è il campo intero."
#IBarbari #AlessandroBaricco

frasedelgiorno

(e non credere che ciò che scrivo sia inventato.
ciò che scrivo è ficcato qui:
fra sterno e nascita.
...)

8 novembre 2009

(pre)fissi..

..
da piccola un giorno vidi mio fratello corrermi incontro trafelato.. ansimando tutta la velocità percorsa mi disse solo ‘il nonno m’ha fatto vedere un falco vero’..
vero.. proprio così, lo definì..
e dunque io iniziai a chiedermi se ne esistessero anche di falsi.. falchi falsi..
per un po’ di tempo, da allora, me ne andai in giro col naso per aria, osservando il cielo.. vidi un sacco di volatili.. e forse qualcuno di quelli era davvero un falco vero.. ma non lo seppi mai.. non con certezza.. ché le tante immagini di falchi falsi, così statiche e definite sulle pagine illustrate dei miei libri di bambina, a simulare un’irreale vicinanza, e che la mia mente logica possedeva, qual unico, insufficiente termine di paragone, me ne precludevano il sicuro riconoscimento nel reale..
infinitamente più impercorribile, la distanza percepita tra il mio piccolo me e le vaghe forme in movimento sulla volta di quel cielo estivo..
ci fosse stato un dito di cui fidarmi a indicarmene la concretezza, magari avrei imparato meglio a cogliere le differenze tra fantasia e realtà..
e ora mi troverei dalla parte giusta dello specchio..
quella di coloro che a verità tangibile non intervallano se non minime, definite, confinate e fini a sé stesse incursioni (sospiri dal sapor di ‘come se’)..
un falco vero non son sicura d’averlo visto mai.. non per davvero..
quest’estate però tra il cielo e il mare c’erano un sacco di gabbiani (veri)..
non li ricordo esattamente..
né li sogno immaginariamente..
seppur quel tal essere vaghi e fantastici nel venirmi vicino, sarebbe termine sufficiente per meritar loro un posto ben più che solo marginale in uno o più dei miei molti paralleli..
eppure no..
no..
e meriti o non meriti, presunte aspettative o ipotesi di coerenza alle quali poggiarsi a parte, no.. no che non ci riesco.. non ci riesco, no, a sognare a comando, né a creder veramente che esista una parte giusta e una sbagliata entro la quale camminare i propri giorni..
al di là d’ogni motivo, che sarebbe noioso oltre che impossibile definire, diciamo pure che mi sono sentita normale per un po’..
ho smesso e ancor ricominciato, attaccando il naso al cielo come per infantil capriccio che d’ogni possibilità mi nascondesse il lampante (non meno reale in quanto sottinteso) prefisso..
e ora?..
che altro potrei leggerci ora in questo oggi se non un nuovo e alternativo intervallo che dall’una all’altra dimensione ancora m’abbia a trasportare?..
(a)normalità, forse..
eh, già..
ogni prefisso è a piacere..
ogni piacere è a perdere..
resta (oh.. finalmente) questa bella quiete..
unica cosa che si lasci davvero amare.. da e di.. vuoto..

c’è un diluvio, qui..



(vero..)

2 commenti:

  1. Com'è bello questo racconto. Credo che sapere cosa sia vero e falso non possa insegnartelo nessuno, neppure quando gli occhi son quelli dell'adulto. La verità è un concetto quantomai realtivo, questo l'ho imparato da grande, da sola, nessuno si è mai preoccupato d'insegnarlemo, così, adesso, m'affido al mio sentire, se lui è vero allora lì c'è la verità. almeno per me. un abbraccio e grazie per questo dolce racconto.

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  2. grazie a te.. io del mio sentire mi son sempre fidata poco.. eheh.. credo d'avere un sentire quanto mai ingannevole.. mi dice le bugie il mascalzoncello.. tanto lo sa che lo perdono.. lo sa, lo sa.. che vita sarebbe senza sentire, in fondo?.. ti abbraccio.. m.

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