in un sonno senza pensieri tuffo le ore sperando di vederle allungarsi e perdere di densità..
ricaccio le immagini che mi visitano i mille e più microrisvegli.. (sono di volti e sorrisi che non rivedrò)..
mi sento separata e contraffatta.. come non vera nella verità del mio interrotto fluire.. e vaga d’occhi di nuovo abbassati e insulsa d’apparente comprensivo annuire..
non mi rassegno degli estremi cui sono solita adeguarmi, come se fossi disposta a camminare unicamente lungo un perimetro, dell’area del tutto (del tutto) disinteressandomi..
sporgo infinite denunce interne compilando modulistica d’insoddisfazione cliente i cui percorsi non prevedono sportelli d’arrivo, né addetti altri da me a occuparsi d’una risoluzione che forse starebbe solo nel ‘fai e poi inizia a ridere’..
c’è una calma insolita e decadente in questo sabato che sta a metà d’una metà di gennaio sfuggita magari senza volere all’esser stata respirata.. (effetto-rapide)..
e adesso.. (questa calma innaturale).. e un calore nuovo, ma malato.. come una febbre.. però senza male..
non dolore, non scontentezza, non il contrario, non l’uguale..
solo una specie di assenza conosciuta che ha iniziato a germogliarmi in petto l’ennesimo addio..
(quindicietrenta)..
foto: vestige by spokojnysen
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